(s)carpe diem

Parlo nuovamente di scarpe e piedi, dopo il precedente appunto.

Ho colto l’attimo per collaudare anche in gara le Brooks Pure Flow: l’occasione è stata la classica corsa su strada in salita Chiampo-Nogarole del 25 agosto 2012. Non una gara velocissima come ritmi, ma la salita e la lunghezza contenuta (km.6,3) non comportavano troppi rischi per i miei tendini con una scarpa “azzardata”.

Devo dire che le sensazioni sono state ancora una volta positive e proprio negli stessi giorni il nuovo numero della rivista Correre pubblicava confortanti test sulle “minimaliste”.

Nei grafici utilizzati dalla rivista la forma rotondeggiante evidenzia votazioni equilibrate per i vari aspetti presi in considerazione:
superficie d’appoggio
differenziale antero-posteriore
portanza
stabilità
ammortizzamento
risposta elastica
flessibilità
peso
resistenza
adeguatezza all’uso
adattamento morfologico
adeguatezza biomeccanica
I picchi delle linee verso l’interno del grafico indicano votazioni basse per quel relativo aspetto.
rivista Correre Settembre 2012
Le Brooks Pure Flow, in particolare, hanno nel grafico un’evidente “spigolatura negativa” per il differenziale antero-posteriore (non certamente il massimo per i tendini d’Achille). Come descritto nel testo, però, l’innovativa entusiasmante intersuola sembra consentire un ridotto affondamento duranete la compressione, rendendo quindi la scarpa più “usabile” di quanto il basso differenziale antero-posteriore lascerebbe pensare.
rivista Correre Settembre 2012
Per confronto, si può vedere come la concorrente, a mio parere migliore, la Asics Gel Hyper 33, riesca a concentrare ottimi livelli in tutte le caratteristiche e come il giudizio la descriva “salva tendini”. Il peso maggiore, però, le basse portanza e reattività, a ritmi veloci la rendono meno “adatta” rispetto ad altre buone scarpe intermedie.

Per mia “sicurezza” le successive gare son tornato comunque a correrle con le ottime Brooks Launch. Per la NYC marathon ci penserò ancora un po’   🙂

Sempre in tema di scarpe, siamo tutti capaci di allacciarle?

Non sorridiamo troppo, perché la domanda non è banale: nel video di Terry Moore molti restano spiazzati per un particolare banale e apparentemente irrilevante.

Convinti?

Il nodo classico di allacciatura, guardando bene, non è altro che un nodo piano eseguito, però, nella seconda fase, con due asole. Ed il vero nodo piano si esegue solo in un unico modo, eseguendo, cioè, le due fasi in modo speculare. Se, invece, si eseguono in modo uguale, il risultato è un “groppo”, che, fatto con le asole dell’allacciatura, si comporta in modo anomalo, come evidenziato nel video, rischiando pure di slacciarsi.

Oltre a questo aspetto basilare, esistono tecniche d’allacciatura che  tornano utili agli sportivi, i quali, ormai, per abitudine, moda o comodità, usano tutti l’allacciatura incrociata.

foto: http://www.myasics.it/blog/apri/84

E’ invece importante considerare altre possibilità, come ad esempio, saltare alcuni passanti per togliere pressione su alcuni punti (come un collo del piede particolarmente arcuato) o inserire le asole sotto i passanti per evitare lo scioglimento del nodo. Esso infatti è causato (oltre che dai nodi eseguiti male, vedi sopra) dai sobbalzi che fanno oscillare lacci e asole allentando il nodo; molti evitano rischi con un doppio nodo finale che però a volte risulta voluminoso e genera pressioni in zone, per alcuni delicate, come il collo del piede. Stendere asole e lacci sotto i passanti consente invece di ottimizzare tutto.

Altro trucco anti-slacciatura, senza ricorrere a doppi nodi voluminosi, è quello di eseguire un ulteriore giro attorno alla prima asola durante la seconda fase del nodo. Provare per credere.

Infine per scoprire un intero universo su lacci e allacciature non solo per sportivi esiste un sito ciclopico ed enciclopedico: http://www.fieggen.com/shoelace/index.htm

Ora togliamo le scarpe… gambe e piedi freschi e rilassati!

Poco tempo fa, l’amico Enrico, nel suo blog, sottolineava l’utilizzo del freddo da parte di Meb KEFLEZIGHI.

a piedi nudi nel torrente Fanes

Non posso che confermare la bontà dell’ice massage e dei bagni freddi. Le mie parziali origini sud-tirolesi si evidenziano in queste abitudini, alimentate dalla frequentazione della montagna nei suoi vari aspetti estivi o invernali (e il cryo cup che si vede nel filmato di Meb me lo sono costruito in casa).

sosta sulla neve di ritorno dalla cima del monte Rosa

Oggi spopolano le SPA, sorte ovunque, ma più di 30 anni fa con i cugini in Val Pusteria, si facevamo saune e tuffi in tinozze di legno piene di acque gelide e pezzi di ghiaccio, dalle quali non sapevamo mai bene se e come ne saremmo usciti.

sotto una delle cascate di Fanes

Anche là, ora, la vecchia tinozza non c’è più, sostituita da doccioni verticali e laterali… più facile uscirne vivi.

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Una risposta a (s)carpe diem

  1. Enrico VIVIAN scrive:

    Ciao Siro,

    non si butta via niente: tutto si ricicla … dalle scarpe ai bagni gelati!

    Stammi fresco! Enrico

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