Chi siamo noi pistaioli? Ad essere definiti (e a definirsi) tali sono soprattutto mezzofondisti e fondisti; quei podisti che, a dirla tutta, potrebbero anche correre altrove (strada, prati, colline, corse campestri…), ma, come assuefatti, non sanno resistere alla tentazione delle ripetute in corsia.
Velocisti e saltatori, infatti, solitamente non vengono definiti pistaioli, perché già lo sono, di fatto, legati a prescindere alla pista d’atletica. Ma, certo, ci sono anche loro!
Usanze:
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- correre a filo del cordolo, come “equilibristi laterali” sfidando, in curva, le forze della fisica e la sorte dei propri piedi
- guardare con la coda dell’occhio destro per prevenire eventuali attacchi
- …con la coda dell’occhio sinistro, nelle curve, per vedere il distacco o le retrovie del gruppo
- nelle curve appoggiare i piedi praticamente in fila, a pochi millimetri dalla linea interna di corsia
- allungare la falcata nel finale per tentare di controbilanciare la perdita di frequenza causata dal “pieno” di lattato.
Segni particolari:
- numerosi trofei di guerra sugli stinchi (ferite fresche o cicatrici bianche dei contatti ravvicinati con scarpe chiodate altrui)… a significare che non hai mai mollato il tuo avversario davanti… quasi fosse una pecca concludere una gara intatti!
- impronte geometriche (non permanenti) del disegno della pista sul ginocchio d’appoggio quando si parte dai blocchi (ma anche su mani e braccia dopo esercizi a terra in allenamento)
- “impronte” meno artistiche e più permanenti dopo una caduta.
Competenze:
- partire in modo preciso (senza strumenti) all’andatura giusta
- sapere subito d’istinto (senza strumenti) il ritmo che si sta tenendo
- perdere il conto dei giri esterni in riscaldamento, ma ricordare fino al centimetro il risultato ottenuto nella gara dell’ora in pista
- correre gare e ripetute calcolando a mente gli intermedi, da confrontare al prossimo passaggio con quelli gridati dall’allenatore
Esperienze curricolari:
- il ricordo di quel … “volare”, grazie alle prime scarpette chiodate della propria vita
- quella strana sensazione di fermarsi, in modo inusuale, non all’arrivo, perché si sta facendo da lepre
- l’odore della pista calda sotto il sole e quello della pista bagnata dalla pioggia
- l’abitudine di “tastare” col pollice la consistenza della pista ogni volta che ci entri, quasi a preparare piedi e tendini al loro compito
- le immagini vivide delle vecchie piste in terra battuta rossa, di quelle anni ’70, più “moderne”, simili ad un asfalto appena un po’ “gommato”, di quelle classiche rosse tartan, tra le quali si inseriva quell’unica nera di Sant’Elena a Venezia, e, infine, delle varie azzurre o multicolor degli ultimi anni.
Ma…
A mille ce n’è, nel mio cuore, di piste da narrar…
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Grazie mi avete regalato,le belle sensazioni ,in molti casi inconsapevoli,di quei particolari che si fanno d’istinto,ma che fanno parte di esperienza ,fatta di gare ,di allenamenti,di voglia di esserci…in pista…..