Girando turisticamente con la famiglia mi capita di osservare spesso la natura e gli ambienti dei posti in cui mi trovo.
Mi salta agli occhi spesso la vegetazione tipica e caratterizzante dei vari climi o di certi biotopi. Ma ancor più mi dà da pensare la diffusione “veloce” di un paio di piante.
Siamo, infatti, abituati a sentir parlare, nei vari documentari, di evoluzioni e adattamenti naturalistici avvenuti nell’arco di milioni di anni. Ci insegnano e ci descrivono cambiamenti epocali e macroscopici, sottolineando però che i tempi del cambiamento sono fuori dalla nostra immaginazione.
Questo ci porta quindi a pensare che quel che vediamo sia pressochè statico e invece…
Robinia pseudoacacia
La prima pianta ad attirare la mia attenzione è conosciuta solitamente come “Acacia“. E’ una pianta a me molto familiare: nei campi di casa è molto frequente e i suoi fiori si prestano a dolcissime frittelle che ogni primavera mia madre preparava (golosa tradizione mantenuta anche ora che lei non c’è più). Ma i fiori servono anche alle nostre api per dare quel tipico miele limpidissimo.
Ebbene, questa pianta è diffusissima in tutta Italia, quasi infestante, ma noi guide naturalistiche e biologi la descriviamo ancora definendola alloctona, cioè non del luogo, importata… Possibile?
Sì, le sue origini sono nord-americane anche se la troviamo ormai come “caratteristica” di moltissime nostre aree. E’ dunque frutto di un “cambiamento” e una diffusione che… per essere così vasta sarà avvenuta in quanti anni…? Proviamo a pensarci: si tratta di una pianta non coltivata che si è diffusa e si diffonde solo spontaneamente… quanto ci avrà messo per popolare gran parte dell’europa centrale?
Meno di 300 anni se pensiamo che già nel ‘900 la troviamo un po’ dappertutto. Arrivò, infatti, in Europa “solo” nel 1601 per opera del farmacista-botanico del Re di Francia e in Italia “solo” nel 1662 per opera del nostro Orto Botanico di Padova.
Riflettendo bene, si è diffusa con una velocità sorprendente… non certo milioni di anni!
Ficus macrophylla
La seconda pianta viene chiamata anche “Ficus magnolioide” o “albero stritolatore”.
La storia è simile: originaria dell’Australia, è stata portata in Sicilia, presso l’Orto Botanico di Palermo nel 1845.
E’ un albero stupefacente: non ha tronco, quello che si vede è un pseudo-tronco formato da tenaci radici aeree colonnari che, dal seme, depositato su un’altra pianta, scendono, abbracciano la pianta ospite fino anche ad ucciderla, sostengono… la chioma dell’esemplare dell’Orto Botanico di Palermo ricopre duemila metri quadri!!!
Da allora (1845) questo albero si è diffuso in tutta Palermo e in gran parte della Sicilia. Pochi esemplari si trovano in Sardegna e in Liguria.
Se non fosse stato relegato in un isola e se non fosse tenuto sotto controllo a causa delle sue doti “distruggenti” (le sue radici spaccano marciapiedi e stritolano tubature) sarebbe ancora più “veloce” della Robinia psaudoacacia.
Non sapevo nulla di entrambe le piante di cui hai parlato (a parte il discorso sul miele e la ricetta delle frittelle), mi è venuta voglia di antare all’orto botanico di Palermo. Della albizia che si dice? A me piace tantissimo questa pianta.
Da collega mi permetto di integrare il ragionamento, molto interessante, segnalando la possibilità che il fenomeno della diffusione di specie alloctone in generale e sul breve periodo, peraltro già attuale, possa subire un ulteriore significativo aumento nel prossimo futuro a causa principalmente dei cambiamenti climatici e dell’intensificazione degli scambi commerciali e del turismo intercontinentali.
Esempi recenti, zanzara tigre, pesce palla nel Mediterraneo ecc, biomassa planctonica ecc.
Ah, beh, indubbiamente Fabio. Si potrebbero citare anche le tartarughine (tutte esotiche) che dai piccoli acquari vengono poi abbandonate in acque libere con conseguente rischio sopravvivenza di quelle autoctone oppure i gamberi killer della Lousiana…
Il ragionamento che facevo era sulle piante proprio perchè si pensa agli alberi come organismi immobili, statici… invece ci possono sorprendere.