Eccomi rientrato. Il viaggio, tutto sommato, è andato come previsto, se in mezzo non ci fosse il vuoto lasciato dalla Maratona cancellata. Vuoto da noi riempito a dovere con tutto quello a cui avremmo dovuto rinunciare gareggiando.
Ho già anticipato un lungo commento ospitato nel blog di Enrico Vivian. Ora lo integro/completo con parti mancanti della cronaca del viaggio.
Devo dire che, fin da subito (dall’arrivo di Sandy), la mia attenzione si era rivolta più alla popolazione e alle condizioni della città che non alla gara in sé. Questo perché so cosa si prova essendo passato più volte per situazioni simili. Fin dalle prime immagini live da me seguite quasi ininterrottamente i primi giorni della settimana su CNN, BBC, CNBC…, avevo espresso le mie perplessità sulla convenienza di andare in una città così provata (indipendentemente dallo svolgimento della gara). Ero agevolato ad avere una visione meno soggettiva anche da un risentimento muscolare al polpaccio sinistro che, se da un lato mi preoccupava non poco agonisticamente parlando, dall’altro lato mi faceva calare la tensione e la concentrazione da gara puramente egocentrica.
(Risentimento che poi, durante il viaggio di andata, sembrava anche essere aumentato, mentre alla vigilia teorica della maratona mi era scomparso, grazie alle cure massoterapiche praticatemi da mio padre Ampelio fino al giorno della partenza da casa).
Dopo il passaggio disastroso di Sandy, sapevamo già che il nostro appartamento al momento è senz’acqua e corrente elettrica, pur trovandosi nel centro di Manhattan, a due passi dall’Empire State Building. Il sindaco di NY Bloomberg, però, per tre giorni consecutivi, rassicura sul regolare svolgimento della maratona e quindi, pur con mille dubbi e, in piena notte, un ultimo controllo internet/tv satellite, la mattina di venerdì 2 novembre 2012, si decolla.
Intanto c’è da dire che ho viaggiato da baronetto, perché la compagnia aerea Irlandese ha trasformato il mio nome con spaziature e sillabazione fantasiosi: partendo dalla dicitura SIRO MR PILLAN si è arrivati a SIR OMR PILLAN. Mi hanno ovviamente bloccato più volte ai controlli data l’incongruenza col nome sul passaporto e ho dovuto spiegare più volte che non avevo alcun titolo nobiliare!
In fase d’atterraggio al JFK, verso le 19.00 ora di NY, si vedono dal finestrino alcune località abitate e trafficate con caratteristiche a macchia di leopardo molto evidenti: lampeggianti d’emergenza frequenti, zone apparentemente normali, altre completamente buie o solo con le luci delle auto, altre con strade illuminate ma case buie, poi, ancora, segnali luminosi rossi tipo aeroporto… ma non può essere la nostra pista d’atterraggio, è ancora presto per toccar terra. Infine eccoci al terminal: prima ancora di scendere dall’aereo, alle prime accensioni di cellulari, ecco gli sms in arrivo. Un ragazzo dietro di noi annuncia notizie riguardo l’annullamento, ma teme uno scherzo di amici. Al mio “tutto bene” a casa aggiungo una richiesta di informazioni, che arrivano subito confermando la cancellazione della gara. Un turbinio di pensieri mi affolla la mente: rabbia per un viaggio “inutile” lontano dalla famiglia, sollievo per il polpaccio che mi preoccupa sempre di più e che non mi avrebbe forse permesso di concludere la gara, forte dispiacere per tutta la preparazione svolta e per una gara a cui tenevo, timore per la situazione confermata della città e dell’appartamento con servizi limitati e/o assenti. La prima idea è quella di tornare subito indietro, ma la procedura si profila complicata e quindi conviene al momento procedere verso l’appartamento.
Il viaggio è surreale in zone presidiate e calamitate, distributori di carburante con file interminabili di auto, molte persone a piedi con taniche, agenti armati a controllare.
Arriviamo in 5th avenue, la città è viva, ma al buio, e la gente cammina con le pile. Gli incroci sono presidiati, sirene frequenti, sporcizia ovunque. Senza illuminazioni troviamo a fatica il nostro condominio, costruito nel 1944. Ci attendono 10 piani di morbidezza da fare a piedi su scale ripide e strette, al buio, con tutti i bagagli e una persona anziana al seguito.
Il nostro appartamento (un attico di lusso da 350m² ad un isolato dell’Empire State Building, non perché siamo ricchi, ma perché abbiamo fatto uno scambio vantaggioso con l’agenzia) è un vero cesso: sporco, abbandonato in fretta da chi c’era al momento dell’arrivo di Sandy (che tutto sommato qui non ha fatto danni) e non più raggiunto dalle donne colombiane che dovevano pulire in quanto bloccate dai mezzi, dall’assenza di carburante, dalla loro casa inondata (perché le operaie arrivano tutte da fuori NYC, per la maggior parte da Staten Island e dal New Jersey dove i danni sono notevoli).
Quindi appartamento buio, senza elettricità, acqua e riscaldamento. Pure Orlando Pizzolato ha trovato allo Sheraton (!), lungo la 7th avenue, le camere ancora da fare, perché anche là il personale non arrivava al lavoro. E questo ancora mercoledì quando Bloomberg confermava tutto.
Troviamo delle lenzuola pulite e ci prepariamo ad un bivacco notturno “in attesa della luce”. Intanto, usciamo comunque a farci due passi serali e una birra sotto l’Empire.
Nella notte, in dormiveglia socchiudo gli occhi e una luce abbagliante mi sveglia di soprassalto: è tornata la corrente e le luci dell’appartamento sono quasi tutte accese.
Bene! Dal giorno successivo la situazione può solo migliorare. Si resta: nella sfortuna, grazie all’annullamento della gara, ci ritroviamo con due giorni pieni in più per fare turismo, per vedere cose a cui avremmo dovuto rinunciare se tutto fosse andato come doveva.
Sabato 3 novembre 2012
- Marathon Expo: aperto per ritirare comunque pettorale e pacco gara, per fare acquisti (sconti del 50% e 100% devoluto alle zone colpite dall’uragano)
- Pranzo all’Irish Pub sulla 7th avenue
- Conferenza Terramia allo Sheraton (e chiacchierata con Ilaria, moglie di Orlando): come al solito noi italiani ci distinguiamo in peggio protestando, ognuno dicendo la sua (uguale a quella del precedente, ma ognuno DEVE dirla), scroscianti applausi a chi supera gli altri con la provocazione più esaltante. Il mio pensiero invece è che han fatto bene ad annullare, tutto il resto sono chiacchiere. L’unica cosa di meglio che potevano fare era dichiarare ufficialmente: “Non possiamo garantire regolarità e/o svolgimento della gara e la conferma ve la possiamo dare forse un giorno prima. Ognuno faccia le proprie considerazioni e decida autonomamente.”
- Top town tour con bus scoperto
- cena all’Heartland Bravery sotto l’Empire
Domenica 4 novembre 2012
- Colazione rapidissima, solo un po’ di caffè, perché il messicano di ieri sera mi ha un po’ devastato l’apparato digerente. In più la sventolata sull’autobus mi ha rifornito di febbre e raffreddore (belle giornate ma ventose e decisamente fredde)
- Down town tour con bus scoperto: nella zona sud di Manhattan stanno ancora lavorando assiduamente per svuotare sotterranei dall’acqua. Molti alberi caduti, Statua della Libertà spenta e non visitabile, idem il memorial di Elly island. Vedendo poi i lavori mastodontici a Ground Zero si capisce quanto fossero una bazzecola per NY i soldi della maratona e quanto siano ridicole certe critiche.
- Passeggiata a piedi sul Brooklyn Bridge
- Camminata in Central Park dove molti stanno ancora correndo, parecchi col pettorale della maratona, fin dalla mattina quando c’è stato il clou di questa corsa “alternativa”.
- Breve ingresso al Museo di Storia Naturale
- Visita al Metropolitan (ma si dovrebbe star dentro giornate intere). Ho nuovamente la febbre. Prima di uscire comunico ai miei amici la mia posizione: “Sono nella “serra” con l’arco, semi-defunto dentro un sarcofago”.
- Salto al 3rd floor di Tiffany per piccolo acquisto
- A letto con febbre e senza cena (gli amici li mando a farsi una pizza da Lombardi’s in Greenwich Village)
Lunedì 5 novembre 2012
- Nuovamente in Low Manhattan: a Battery Park sono ancora evidenti i segni di Sandy. La biglietteria per la Statua della Libertà è sventrata. I battelli riprendono solo in questa giornata un servizio alternativo con sola navigazione nei pressi.
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Brooklyn Tour con bus scoperto: anche qui nelle zone periferiche si vedono segni dell’uragano. Ancora persone in coda ai distributori.
- Nel pomeriggio, al tramonto, si sale sull’Empire State Building: 80°, 86° e 102° piano… bellissimo!
- Cena in Irish Pub in 36th street
- Gelato in barattolo prima di coricarci
Martedì 6 novembre 2012
- Colazione con gelato affogato al caffè
- Cup Cake in 6th avanue da Magnolia Bakerey
- Ritiro medaglie allo Sheraton: un valore particolare per alcuni, un oggetto inutile per altri. Anche qui le critiche si sprecano. Medaglie, quantomeno simboli della finora unica Maratona di New York non corsa.
- Nuova camminata in Central Park. Finalmente mi faccio un’idea delle pendenze, certo non difficili, ma significative. Incontriamo in zona anche il mitico Giorgio Calcaterra.
- Ultimi acquisti e breve visita alla National Public Library
Quest’anno è andata così…
Ringrazio Marco, Elisa, Nicola, Livio, Piera, Chiara, Paola e pure me stesso, per esserci messi in gioco e per aver reso disponibile ad altri, più o meno conosciuti, parte della propria preziosa intimità personale, rendendo così quest’esperienza molto più di un viaggio sportivo, molto più di un’avventura!
Per noi sarà un arrivederci a New York e già si aggiungono probabili nuovi concorrenti e/o nuovi accompagnatori.
Considerazioni conclusive sulla vicenda
Ho già detto delle polemiche, di cui si parla anche nel blog di Enrico. Altre discussioni si trovano su Facebook, nella bacheca mia, di Orlando Pizzolato…
Un articolo che aiuta a capire quanto successo si trova QUI.
Sul fatto che secondo alcuni gli americani abbiano fatto i furbi:
lo si sapeva fin dall’inizio, cioè da decine d’anni, che in caso di annullamento non si ha nessun rimborso e su questo aspetto ci fanno pure firmare (e allora tordi sono quelli che se ne accorgono solo adesso).
Il pettorale gratuito che noi avremo, come altri stranieri, ci viene “offerto”, anche se non dovuto, dal tour operator (nel nostro caso Terramia) che fa questo come operazione di immagine personale.
Quindi in sostanza è vero che per gli americani “possiamo pure tornare, ripagando il pettorale”, ma non perché vogliano fare i furbi o approfittare, bensì perché era previsto così fin dall’inizio della storia della maratona di New York.
Comunque è arrivata notizia che anche l’organizzazione (sebbene non fosse tenuta a farlo) sta pensando a qualcosa per venire incontro agli iscritti di quest’anno.
Sugli americani, quindi, ribadisco ancora una volta, non c’è nulla da dire se non quello di aver dato troppo presto certezze che non avevano: piuttosto dovevano lasciare nel dubbio, lasciare che ognuno decidesse se, come e quando venire.
Secondo me, infatti, la decisione modificata all’ultimo non è affatto stata ingegnata per far arrivare i turisti e guadagnarci sopra per sete di denaro. Semplicemente – com’è usanza americana – hanno provato a trasformare l’evento in un’auto-celebrazione, esaltandosi col loro orgoglio americano: “Noi siamo americani! Risorgiamo qualunque cosa succeda!”, minimizzando e sottovalutando la situazione. Alla resa dei conti Bloomberg ha cambiato idea (tardi certo).
Ad ogni modo, sui problemi decisionali del sindaco si fa leva ora per una possibile class action.
Terramia:
L’agenzia a cui ci siamo appoggiati ne è uscita da signora: promettendo (può permetterselo) il pettorale gratuito utilizzabile in 5 anni. Anch’essa è stata oggetto di critiche, anche feroci, per gli alti costi (ma noi con una formula Terramia e in quell’attico che vi dicevo, abbiamo speso 1300 euro per 5 gg, pettorale e voli compresi!!!). Terramia a mio parere ne esce “da signora” comunque, anche solo per il fatto di garantire il pettorale gratuito, pur con tutte le condizioni che vuole. Non era infatti tenuta a farlo, perché tutti hanno (abbiamo) firmato un contratto e poteva quindi benissimo dire “cari miei vi è andata male e avete perso tutto”. Invece, certamente anche per tornaconto personale in termini d’immagine, ha preferito andare incontro ai clienti, anche se, appunto, non era tenuta a farlo.
A quelli che parlano male di NY e indirettamente di chi la considera una grande maratona (per qualcuno LA Maratona):
- le maratone europee, magari ora migliori (alcune) di NY per alcuni aspetti son partite ehanno ancora NY come riferimento
- la bella usanza dei nomi slle magliette e sui pettorali viene da NY
- il pubblico lungo le strade è unico al mondo e gli altri ancora una volta han copiato da NY
- Se a qualcuno non piace non ci vada e non critichi a vanvera.
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Ah, dimenticavo una parte turistica: passeggiando sul ponte di Brooklyn ecco un’altra vergogna italiana (oltre alle critiche esagerate e fuori luogo di “certi” sportivi sull’annullamento della gara).
Siro sai come ti ho accolto quando sei tornato e sai quanto bene mi ha fatto vederti comunque tranquillo anche se non avevi potuto correre la tua maratona mentre io godevo ancora della mia! A casa mia la tua medaglia della prima non-maratona di NY ha già un posto molto speciale! Grazie!
CIAO Siro,
e con questo mandiamo in archivio la non-NYC Marathon 2012 e ci prepariamo per la prossima storia da raccontare!
A PRESTO, Enrico
bello! che dire? non ci resta che tornare. E’ stata comunque una bella vacanza, e NY e’ davvero una citta’ meravigliosa.
Hai scritto tutto tu. Bravo. Spero di rileggere fra un anno le tue emozioni di una maratona portata a termine!